Se il pubblico è spento, è il palco che non illumina

da | 25 Giu 2025 | Caleidoscopio, Public speaking

SCEGLI IL TUO RUOLO E COMINCIA A LEGGERE

Potrai leggere questo articolo
da tre punti di vista differenti

Scegli chi vorrai essere nella lettura di questo articolo!

ORGANIZZATORE
Descrizione breve
ORATORE
Descrizione breve
PUBBLICO
Descrizione breve

NON TRASFORMARE IL PUBBLICO IN ARREDO

C’è una scena ricorrente in troppi eventi: platee piene di occhi spenti, mani che scorrono lo smartphone, persone che aspettano solo la pausa per fare networking. Non è noia, è disillusione. Il pubblico non spegne la propria attenzione per capriccio, ma perché non si sente interpellato, né coinvolto. In troppi eventi è ridotto a “riempitivo” di sala o a semplice pagatore di biglietto.

Lo speech brillante ma il pubblico è altrove…

Formazione aziendale con speech motivazionale: speaker brillante, palco illuminato, zero spazio per domande. Pubblico passivo, programma blindato, nessuna deviazione possibile. Risultato? Le persone ascoltano per cortesia, ma è facile che mentalmente siano altrove.

Cosa succede quando non ascoltano davvero

Un pubblico che non partecipa è un pubblico che non ha scarsissime possibilità di comprensione e apprendimento. Il tempo investito diventa tempo perso. E se l’evento era anche formativo, il danno si moltiplica: costi vivi, poca efficacia, reputazione a rischio. Peggio ancora: si alimenta l’idea che “tanto agli eventi non si impara niente”.

La svolta? Progettare con il pubblico, non solo per lui

Serve un cambio di paradigma: l’organizzatore deve progettare con il pubblico, non solo per il pubblico. Quindi:

  • analisi preventiva dei bisogni reali

  • scelta di contenuti mirati, non generici

  • format che integrano momenti di confronto, scambio, interazione vera

  • speaker capaci di leggere la sala, non solo di “performare”

L’obiettivo? Far crescere il cervello del pubblico e non solo intrattenerlo. Chi organizza deve porsi una domanda scomoda ma necessaria: “Cosa si porteranno via, davvero, le persone che usciranno da questa sala?”

Mini checklist per organizzatori ben organizzati

  • Hai chiesto al tuo pubblico cosa si aspetta?

  • I tuoi speaker conoscono chi avranno davanti?

  • Hai previsto momenti in cui il pubblico possa esprimersi?

  • I contenuti stimolano davvero pensiero, confronto e azione?

Non basta riempire una sala per dire che hai fatto un evento

Coinvolgere non significa solo far ballare, alzare la mano o ridere. Significa far sentire il pubblico necessario. Perché senza pubblico, non esiste evento. E quando lo tratterai come una comparsa di conseguenza applaudirà con indifferenza.

SE LO SPEAKER NON LEGGE LA SALA, LA SALA LEGGE LO SPEAKER

Molti speaker salgono sul palco convinti che basti “essere brillanti”. Ma il pubblico non è un contenitore da riempire: è un interlocutore con cui interloquire. Quando non sente verità, percepisce distanza o non si riconosce nei contenuti, si chiude.

Il pubblico ti valuta quasi sempre nei primi 30 secondi

Immagina un tuo intervento a un evento di argomenti misti, con una platea sconosciuta. Le prime frasi servono al pubblico per capire: chi sei, che tono hai, cosa vuoi. Se il relatore parte con slogan, battute generiche o frasi fatte, la connessione rischia di spezzarsi subito. Da lì in poi, tutto diventa una recita a parti separate.

Cosa succede quando il palco ignora chi ha davanti

Il pubblico ti testa sempre. Se sente che non lo conosci, che non hai studiato chi ci sarà in sala, che il tuo intervento potrebbe andare bene ovunque… ti spegne. La responsabilità non è solo tua che non hai chiesto approfondimenti, ma anche di chi ti ha scelto e non ti ha preparato. L’evento si svuota di senso, lo speaker perde autorevolezza, l’organizzatore perde di credibilità.

La svolta? Prepararsi non per dire, ma per ascoltare

Un intervento efficace nasce da un’analisi preventiva del pubblico in cui, tramite numerose domande, lo speaker va ad approfondire aspetti di quella platea:

  • chi sono?

  • cosa si aspettano?

  • che tono è giusto usare?

  • che margine di interazione c’è?

Quest’ultima domanda è centrale per fare in modo che il pubblico possa percepire la sua centralità. Occorre la voglia di far salire sul palco anche i pensieri e le voci della sala. Intervistare, coinvolgere, far emergere punti di vista diversi è un modo per trasformare un monologo in dialogo. E far sentire il pubblico parte dello del discorso.

Mini checklist per speaker organizzati

  • Ho raccolto informazioni sul mio pubblico?

  • L’intervento può essere modulato in base a chi avrò davanti?

  • Prevedo momenti per ascoltare o solo per parlare?

  • So distinguere coinvolgimento autentico da momenti forzati?

Non basta saper parlare: serve sapere perché stai parlando

La scena è tua, ma il senso lo costruisce il pubblico. E se non sei disposto ad ascoltarlo, allora è solo teatro. E direi neanche dei migliori.

PUBBLICO NON PARLA, CERVELLO NON COINVOLGE

Chi sta seduto in platea non è un complemento di arredo. Eppure, in troppi eventi viene trattato così: nessuno gli chiede nulla, nessuno si interessa a cosa pensa, nessuno prevede uno spazio per il suo punto di vista. Il pubblico partecipa solo fisicamente, ma resta fuori da ogni processo decisionale o narrativo.

Si diventa un po’ delle comparse nel film di qualcun altro

Arrivi all’evento, ti siedi, ascolti, prendi appunti, applaudi. Fine. Nessuno ha chiesto chi sei, cosa ti aspetti, cosa puoi portare. Il programma è blindato, gli interventi già scritti, la scaletta immodificabile. Hai pagato per essere una comparsa. Quando va bene riesci a trovare “il tuo posto nell’evento” grazie al confronto con gli altri partecipanti.

La tua voce e il tuo pensiero hanno un ruolo?

Quando non ci si sente coinvolti si entra in una modalità passiva, magari si fa networking, si ascolta per dovere, ma alla fine il contenuto passa e se ne va. Peggio ancora: quando ti coinvolgono, lo fanno in modo finto, con domande retoriche o richieste spettacolari. “Alzate la mano se…” non è partecipazione, è una strategia per coinvolgere chi non si conosce e, nei casi migliori, ottenere quelle informazioni che non erano state richieste prima.

Il pubblico non è un accessorio ma una risorsa.

Il pubblico ha bisogno di:

  • essere ascoltato prima, durante e dopo l’evento

  • vedere che i contenuti vengono modellati anche sulle sue esigenze

  • riconoscere se stesso nei temi trattati

  • interagire davvero, non solo applaudire a comando

  • trovare un’applicazione concreta di quello che ascolta

Gli eventi che reputo migliori sono quelli dove il pubblico parla. Dove si creano spazi orizzontali, tavoli di confronto, attività di relazione autentica tra chi ha un ruolo di speaker e chi ascolta. Dove le persone vengono scelte per cosa possono dare, non solo per quanti biglietti hanno comprato. Dove la praticità è toccabile e non è tutto interessante ma effimero o difficilmente comprensibile come sia adeguabile alla propria realtà.

Mini checklist per un pubblico soddisfatto

  • Posso esprimere opinioni o fare domande?

  • Mi sento rappresentato nei contenuti?

  • Ho interagito con altri partecipanti in modo utile?

  • C’è stato un momento in cui ho detto: “questo mi riguarda”?

  • Posso portare nella mia realtà quello che sto vivendo?

Se il pubblico non può partecipare, allora è solo parte dell’arredo

Il coinvolgimento vero è quando senti che l’evento non sarebbe stato lo stesso senza di te. E se questo non succede, non è colpa tua. È colpa di chi ti ha dimenticato nel progetto.

Ora puoi rileggere questo articolo da un punto di vista differente:

Questo è un articolo CALEIDOSCOPIO

“E se il tuo punto di vista non fosse l’unico?” – Letture da prospettive diverse

Ogni evento è la somma di tante verità che vanno messe insieme.
Lo speaker vede una cosa.
L’organizzatore, un’altra.
Il pubblico, un’altra ancora.
E tu?

In questa rubrica, smontiamo l’illusione del punto di vista centrale.
Perché un evento non è ciò che accade, è ciò che succede a chi lo vive.

testo